Città di Agropoli

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Sarà recuperata l’imbarcazione di epoca medievale dai fondali di Punta Fortino

Al via l’iter per il recupero di un’imbarcazione di epoca tardo/post medievale dai fondali a poca distanza da Punta Fortino ad Agropoli. Nei giorni scorsi è stata firmata un’apposita convenzione dal Comune di Agropoli, dalla Cooperativa Laboratorio Sociale Europeo Pro Natura, dalla società Legni e Segni della Memoria Spa e dall’associazione Turistica Arenosa, per elaborare un progetto di promozione, scavo, documentazione, recupero, studio ricostruttivo, restauro, musealizzazione e valorizzazione del relitto sommerso ed all’acquisizione preventiva di tutti i pareri vincolanti degli enti preposti alla tutela del territorio.

A portare alla luce il reperto, di grande rilevanza storica, sono state le ricognizioni subacque lungo la costa di Agropoli nell’ambito delle attività di prospezione previste nell'ambito del Progetto Archeomar - Censimento dei beni archeologici sommersi nei fondali marini delle coste della Campania, Basilicata, Puglia e Calabria, promosso dal Ministero per i Beni e le Attività culturali e finanziato sulla base dell'art. 13 della L. 264/2003, già nel 2006.

«Abbiamo avviato, con l’apertura del Palazzo Civico delle Arti e della sezione archeologica, un’importante fase di valorizzazione del patrimonio e della memoria storica della nostra città, legata in particolar modo al mare – afferma il sindaco Franco Alfieri – Con la convenzione sottoscritta, intendiamo procedere all'urgente necessità di difendere il sito da eventuali atti di depredazione ed al tempo stesso accompagnare progetti di recupero per rendere fruibile da parte della comunità il sito archeologico sommerso del relitto navale».

I resti subacquei, contigui ai confini amministrativi della città di Agropoli, sono oggetto dell’azione di tutela e conservazione della Soprintendenza per i Beni Archeologici delle province di Salerno, Avellino, Caserta e Benevento e della Soprintendenza BAS di Salerno ed Avellino, ognuna per le proprie competenze, che si esplica in collaborazione con il Nucleo Subacqueo della Guardia Costiera che presiede alle ordinarie operazioni di monitoraggio dei resti individuati.

L’assembramento archeologico del relitto navale, giacendo ad una profondità di circa tre metri, è esposto a fenomeni di instabilità dei fondali, correnti, maree, mareggiate e saccheggi che denotano difficoltà di conservazione e perdita progressiva di tutte le parti lignee e metalliche del relitto.